L’artista Camille Claudel fu rinchiusa in manicomio per la sua vita emancipata.
Camille Claudel nasce nel 1864 in Francia in una famiglia benestante.
Fin da giovanissima dimostra la sua passione per l’arte, in particolar modo per la scultura. Sua madre non sostiene la sua inclinazione artistica, ma Camille, grazie all’appoggio del padre, inizia a modellare già all’età di sei anni e riceve le prime lezioni di scultura a tredici anni.
Il suo maestro è da subito convinto del suo talento. Camille cresce e si trasferisce a Parigi per studiare arte all’Accademia Colarossi. Qui incontra Auguste Rodin, suo insegnante in un corso di scultura. Inizia un rapporto passionale e tumultuoso con lui, che aveva 24 anni più di lei ed era già impegnato con un’altra donna. Intrecciano sentimenti e arte, lavorando e scolpendo statue insieme.
Dopo quasi 10 anni di relazione, Camille non ha più la forza di proseguire un rapporto senza futuro, poiché capisce che il suo amante non la sposerà mai.
Lei rimane sola, delusa e risentita da quella relazione fatta di promesse non mantenute e la sua carriera d’artista si arresta, poiché Auguste era un’artista conosciuto e rispettato da tutti e in quei tempi è sempre l’uomo a dominare la scena.
La sua famiglia, dopo la morte del padre, le volta le spalle, la madre decide di farla internare perché contraria alla vita di quella figlia che inseguiva i suoi sogni e la sua libertà.
Era uno scandalo essere stati amanti di uomini più grandi e soprattutto una vergogna per una donna non essere sposata ad una certa età, così quando Camille aveva 49 anni, sua madre con l’appoggio di suo fratello, un famoso poeta e diplomatico, e sua sorella, la fanno rinchiudere in un manicomio, nonostante il parere contrario dei medici.
La sua famiglia non le fa mai visita. Lei scrive numerose lettere a parenti, medici e avvocati per chiedere di venire liberata. Lettere in cui emerge tutta la sua lucidità di pensiero e l’atrocità della sua condizione:
«Signor dottore,
[…] Mi si rimprovera (crimine orribile!) di aver vissuto da sola, di avere dei gatti in casa, di soffrire di manie di persecuzione! È sulla base di queste accuse che sono incarcerata da cinque anni e mezzo come una criminale, privata della libertà, privata del cibo, del fuoco e dei più elementari conforti. […] La mia famiglia non si occupa di me e non risponde alle mie proteste che con il mutismo più assoluto, così vien fatto di me quel che si vuole. È orribile essere abbandonata in questo modo, non posso impedirmi di essere sopraffatta dal dolore. Spero che possiate fare qualche cosa per me.
Mia madre e mia sorella hanno dato ordine di tenermi isolata nel modo più completo, alcune delle mie lettere non partono e alcune visite non arrivano. Oltretutto mia sorella si è impossessata della mia eredità e ci tiene molto al fatto che io non esca mai di prigione. […]”
Non viene mai liberata e finisce i suoi giorni in isolamento in manicomio, dove muore di denutrizione a 78 anni, dopo quasi 30 anni di internamento.
Viene sepolta in una fossa comune, accompagnata solamente dal personale dell’ospedale, la sua famiglia non si presentò.
Solo nel 2017 le viene resa giustizia, con l’inaugurazione del primo museo al mondo dedicato a lei, a Nogent-sur-Seine, il luogo dove Camille ha trascorso la sua adolescenza.
Opera “L’abbandono” di Camille Claudel.
Camille Claudel, una donna che non ha voluto conformarsi alle regole dettate dalla società e ha pagato il prezzo di seguire le sue passioni e la sua libertà in un’epoca in cui alle donne non veniva concesso il “lusso” di scegliere la propria vita.
La sua è stata una lotta per l’emancipazione femminile e anche se non è riuscita a vincerla, vogliamo omaggiarla per il suo coraggio e la sua tenacia: Camille Claudel, l’influencer che vorrei.
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