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Laleh Osmany e la campagna “Where is my name”

Lei è Laleh Osmany e ha dato un nome a tutte le donne afgane

In Afganistan c’è una legge che vieta di chiamare le donne in pubblico con il loro nome, tanto che viene considerato un insulto. Così le donne vengono identificate come “figlia di” “moglie di” “madre di” seguito dal nome del parente maschio.
 
Il loro nome non appare nemmeno nei loro documenti, nel loro certificato di nascita, nelle ricette del medico, negli inviti del matrimonio, nei certificati di nascita dei figli o addirittura nel loro certificato di morte e nella loro lapide al cimitero.
La loro identità non esiste, se non in relazione ad un uomo.
 
Un giorno, una donna è andata dal medico il quale le ha prescritto una ricetta per dei farmaci. Lei gli ha dato il suo nome, una volta ritornata a casa, il marito ha visto il nome della moglie nella ricetta del medico e l’ha picchiata, dicendole che l’aveva disonorato.
 
“In Afghanistan secondo le logiche tribali, il corpo di una donna appartiene a un uomo. E con esso anche il volto e il nome che lo identifica”, ha spiegato il socioloco afgano Hassan Rizayee, al New York Times.
 
Tre anni fa, una giovane donna di 25 anni di nome Laleh ha deciso che non si poteva più accettare questa situazione, avere un nome è un “diritto umano fondamentale”. E così ha iniziato la campagna “Where is my name” – “Dov’è il mio nome?”.
 
È stata insultata dagli uomini che dicevano che voleva mettere il suo nome perché non sapeva chi era il padre di suo figlio, di fatto dandole della “poco di buono”.
È stata contrastata da diverse donne, le quali ritenevano più importante rispettare l’onore degli uomini che avere il diritto ad una propria identità.
Molte altre donne, fortunatamente, si sono unite a lei in questa campagna, soprattutto le donne afgane emigrate all’estero.
 
“Fin dalla giovane età, le donne sono condizionate a credere di essere un’appendice di un uomo, ma la maggior parte dei limiti imposti alle donne non ha alcun fondamento nella religione islamica”, spiega Laleh.
“Una donna è prima di tutto un essere umano e solo dopo è una moglie, una sorella, una madre o una figlia. E ha il pieno diritto di essere riconosciuta per la sua identità”, ha dichiarato Sayeed, un’attivista dei diritti delle donne e famosa cantante afgana.
“Dobbiamo rompere un tabù e riportare il nome e l’identità delle donne al primo posto” dice Safiqeh Mohseni, un’altra donna che supporta la campagna.
“L’unico modo per spezzare il silenzio sulla condizione delle donne è proprio dare loro voce partendo dal nome” dichiara un’altra sostenitrice.
 
E finalmente, dopo 3 lunghi anni, è arrivata la vittoria: il governo ha annunciato che il nome della madre sarà incluso sulla carta d’identità nazionale e, grazie a questo, si darà alla madre il potere e l’autorità per ottenere documenti per i figli, iscriverli a scuola e viaggiare.
Un grande passo in avanti per le donne di tutto l’Afganistan.
 
Laleh Osmany, una donna coraggiosa, risoluta, tenace. Una donna che ha dato il nome a milioni di donne facendo sentire la sua voce e non accettando di soccombere ai dettami imposti dalla società.
 
Laleh Osmany: l’influencer che vorrei.

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