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Lisa Montgomery, abusata dal patrigno e fatta prostituire dalla madre

La sua è una storia che deve fare riflettere: il male che genera il male

Lisa Montgomery è la prima donna, dopo 70 anni, ad essere stata condannata alla pena di morte negli Stati Uniti. Oggi, a 52 anni, ha ricevuto l’iniezione letale nel carcere di Terre Haute, in Indiana.

 

Nel 2004 aveva compiuto un omicidio efferato: aveva estratto con un coltello il feto di una donna incinta, la 23enne Bobbie Jo Stinnett, portandolo via come se fosse suo figlio, e lasciandola morire dissanguata.

 

Lisa aveva gravi disturbi psichiatrici, era stata sterilizzata dopo quattro gravidanze contro la sua volontà. Prima dell’omicidio ripeteva di essere incinta, anche se ciò non era possibile, e probabilmente non si rendeva conto di cosa stesse facendo.

 

I suoi disturbi mentali erano stati causati da tutti gli abusi e torture che aveva subito fin dall’infanzia.

 

A soli 3 anni, Lisa, di notte, si sdraiava nel letto accanto alla sorellastra Diane, di cinque anni più grande, mentre il loro baby sitter la violentava.

 

A 11 anni, il patrigno Jack picchiava in continuazione lei e sua madre, e iniziò a violentarla almeno una volta a settimana.

 

Il patrigno costruì una stanza accanto alla sua roulotte, lontano da tutti nei boschi dell’Oklahoma, così nessuno poteva sentire le sue urla, e iniziò a violentarla sempre più spesso.

 

Quando Lisa ha tentato di difendersi, lui ha sbattuto la sua testa contro il pavimento, fino a causarle una lesione cerebrale.

 

Un giorno sua madre vide che il marito violentava sua figlia, prese una pistola e la puntò alla testa di Lisa, urlandole: “Come hai potuto farmi questo?”

 

Il patrigno Jack iniziò poi ad invitare gli amici, per violentarla in gruppo. Le violenze duravano ore e, alla fine, le urinavano addosso.

 

Sua madre la fece prostituire con l’idraulico e l’elettricista per pagare la loro parcella.

 

Una volta gli assistenti sociali visitarono la sua famiglia, ma i genitori, avvisati del loro arrivo, hanno obbligato Lisa a non parlare, minacciandola di morte.

 

Un dottore la visitò quand’era bambina, si accorse dei regolari stupri, ma non disse nulla.

 

Le è stato diagnosticato un disturbo bipolare, post traumatico da stress, ansia e depressione, psicosi, sbalzi d’umore, dissociazione e perdita di memoria.

 

La sua avvocata, Sandra Babcock, ha dichiarato: “Lisa non è la peggiore delle peggiori. È la più spezzata di tutte le persone spezzate”.

 

Se non avesse subito tutte quelle violenze, se fosse nata e cresciuta in una famiglia sana, se fosse stata aiutata dalla comunità, probabilmente non avrebbe avuto tutti quei problemi psichiatrici che l’hanno portata ad essere a sua volta carnefice.

 

Le violenze, soprattutto quando sono così drammatiche e subite in giovane età e in modo continuativo, distruggono la vita di chi le subisce.

 

La vita di questa donna è stata segnata da torture atroci e, anche se lei si è macchiata di un crimine efferato, non si può non riflettere su quanto la responsabilità di quel crimine non sia da attribuire a chi ha distrutto la sua psiche, attraverso tutte quelle violenze inaudite.

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