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Femminile delle professioni e sessismo

Gli attacchi sessisti all'importanza della parità di genere anche nel linguaggio.

La settimana scorsa il deputato pastore Emanuel Cleaver, al Congresso americano, ha chiuso il suo discorso dicendo «Amen and A-woman», un errore in nome dell’uguaglianza di genere, dovuto però al fatto che lui non conoscesse il significato della parola “Amen”, ma questo non dovrebbe sminuire l’importanza di riconoscere i ruoli al femminile.

 

In Italia, purtroppo, invece di considerare il fatto per ciò che era, ossia ignoranza sul significato di “Amen”, si è subito attaccato l’idea di declinare le professioni al femminile.

 

Ed è qui che Roberto Parodi, che si definisce “Scrittore, giornalista, conduttore TV”, inizia ad attaccare chi vuole usare le professioni al femminile, definendolo: “neologismi francamente ridicoli… ondata di imbecillità dilagante… ecc.” 

 

Al che io gli ho commentato: “Il fatto che amen sia stato usato in modo inappropriato, non vuol dire che il femminile delle professioni, peraltro previsto e accettato dall’Accademia della Crusca, non sia giusto.

 

E questo video dimostra la tua ignoranza sui temi di parità di genere e anche di grammatica italiana.

P. S. “Ultimamente fai video sempre più sessisti, sarebbe ora di evolversi.”

 

E da lì si sono scatenati i vari maschilisti frustrati con commenti del tenore di:

“Ma va a c@gher”

“Sarebbe pure ora che vi toglieste la scopa dal c*lo”. 

“Ma vaf@ngul”

 

Quello che si crede un sapientone, ma è solo un povero ignorante che evidentemente un libro di grammatica non l’ha mai letto: “Un bel zero in grammatica, insieme a i compari Boldrini &co ci sta tutto.”

 

Il solito cliché penoso: “vediamo se indovino: hai una dozzina di gatti in casa e i capelli viola…”

L’immancabile “ma fatti una risata.”

 

Ed infine lui, Roberto Parodi, che si vanta di essere sessista.

 

La cosa più deprimente è che ci sono state anche delle donne che mi hanno attaccato, anche loro dimostrando una triste, quanto penosa, ignoranza, e hanno applaudito e messo il like a Parodi, per la sua squallida frase in cui si vanta di essere sessista.

 

Le regole della grammatica italiana e l’opinione dell’Accademia della Crusca:

Ebbene, innanzitutto è doveroso far chiarezza sulla grammatica italiana, perché pare che a molti sfuggano le regole base:

 

1. Esistono da sempre lavori declinati al maschile o al femminile, cameriere/a, cuoco/a, dottore/ssa, ecc.

2. Ci sono forme che finiscono con a, ma il genere si capisce dall’articolo, il/la giornalista, il/la commercialista, il/la dentista, ecc. 

3. Dove non è possibile capire il genere dall’articolo si dovrebbe declinare la mansione a seconda del genere, es. La maestrA/ il maestrO. 

4. Poiché non si può dire lA ministrO è giusto dire lA ministrA. 

5. Alcune forme al femminile sono sempre state usate nella letteratura (ad esempio “mediche” femminile di “medici” usata dal Boccaccio) andate in disuso nella quotidianità perchè alle donne è stata tolta ogni possibilità di emancipazione.

 

E questo non lo dicono solo le femministe, ma lo dice la GRAMMATICA ITALIANA. 

 

E nello specifico, questo è quello che dice l’Accademia della Crusca su questo tema:

“Le risposte più frequenti adducono l’incertezza di fronte all’uso di forme femminili nuove rispetto a quelle tradizionali maschili (è il caso di ingegnera), la presunta bruttezza delle nuove forme, o la convinzione che la forma maschile possa essere usata tranquillamente anche in riferimento alle donne. Ma non è vero, perché maestra, infermiera, modella, cuoca, nuotatrice, ecc. non suscitano alcuna obiezione: anzi, nessuno definirebbe mai Federica Pellegrini nuotatore. Le resistenze all’uso del genere grammaticale femminile per molti titoli professionali o ruoli istituzionali ricoperti da donne sembrano poggiare su ragioni di tipo linguistico, ma in realtà sono, celatamente, di tipo culturale; mentre le ragioni di chi lo sostiene sono apertamente culturali e, al tempo stesso, fondatamente linguistiche.”

 

Lo ripeto: “Le resistenze all’uso del genere grammaticale femminile per molti titoli professionali…in realtà sono, celatamente, di tipo culturale” ossia sono SESSISTE.

Al di là dell’ignoranza e arroganza di questi individui, ahimè, alcune donne comprese, la cosa che più ritengo vergognosa è di come uno “scrittore, giornalista, conduttore TV” si creda nel giusto, o peggio, si vanti di essere sessista.

 

Essere sessista non è un vanto, non è una cosa da ganzi, da machi, da uomini alfa. 

 

Essere sessista è una vergogna, è una cosa da incivili, da irrispettosi, da stupidi, da ignoranti.

 

Ed è ora che essere sessisti sia condannato da tutti, uomini e soprattutto donne.

 

Non è possibile che delle donne applaudano chi si chiara fieramente sessista.

 

È ora di risvegliare le coscienze, di far capire che le donne vanno rispettate, che siamo alla pari di qualsiasi uomo e anche meglio di più di qualcuno.

 

Quindi, caro “scrittore, giornalista, conduttore TV”, intanto studiati le regole dell’Accademia della Crusca, perché mi sa che qualche lezione l’hai saltata, e poi inizia a rispettare le donne e a vergognarti di essere sessista.

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