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Sudan: donne in rivolta contro gli stupri

Sudan: donne in rivolta contro gli stupri

La colpa non è della vittima: le proteste delle donne sudanesi contro gli stupri

In queste prime settimane del 2021 il Sudan è attraversato da una serie di proteste, sia in piazza che sui social, contro l’ondata sempre più violenta di aggressioni sessuali contro le donne. A dare inizio alle contestazioni sono stati alcuni episodi di stupro che hanno sconvolto l’opinione pubblica. 

 

L’ultimo giorno del 2020 circa una ventina di uomini hanno accerchiato una ragazza in una strada trafficata e, dopo averla minacciata con armi da taglio, l’hanno barbaramente stuprata in gruppo, tra l’indifferenza generale.

 

La vittima non ha sporto denuncia, probabilmente per timore di non essere creduta o di essere giudicata male dalla società. La realtà sudanese, reduce da un trentennio di dittatura militare di stampo islamista, è ancora profondamente pervasa da una cultura dello stupro che tende ad incolpare i comportamenti della vittima piuttosto che i suoi aggressori.

 

Questo episodio, unito alla notizia dell’arresto di un membro dell’intelligence militare sudanese per lo stupro di una bambina di appena nove anni, ha dato il via allo scoppio delle proteste. In due sit-in, uno nella capitale Karthoum e uno nel Darfur, i manifestanti hanno espresso a gran voce la necessità di modificare la legislazione sulle violenze contro le donne. 

LA “RIVOLTA DEL PANE” E L’ATTIVISMO DELLE DONNE

Sono state proprio le donne le protagoniste indiscusse della “rivolta del pane”, iniziata nel 2018 e conclusasi nell’aprile 2019 con la caduta del dittatore Omar al-Bashir, grazie soprattutto alla guida della giovane attivista 22enne Alaa Salah.

foto attivista Alaa Salah

Durante il regime di Omar al-Bashir, durato trent’anni, le leggi in vigore riflettevano la posizione subalterna delle donne nella società sudanese.

 

Importanti passi avanti sono stati fatti dopo la destituzione del colonnello: il nuovo governo ha abolito la pena di morte per i crimini di omosessualità e apostasia, le fustigazioni pubbliche e l’obbligo del velo. Ha finalmente reso illegale anche la mutilazione genitale femminile (vedi QUA), fenomeno culturale drammaticamente diffuso nel Paese.

 

Ma le donne sudanesi sono ancora lontane da una vera e propria tutela legislativa della loro incolumità, come emerge dalle recenti proteste.

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CAMBIARE LA LEGISLAZIONE SUDANESE

Nel maggio 2020 l’attivista sudanese Hala al-Karib, direttrice della Strategic Initiative for Women in the Horn of Africa (HINA, vedi QUA), sostiene con fermezza la necessità di agire sulla legislazione che regola il diritto di famiglia.

foto attivista sudanese Hala al-Karib

Anche il codice penale deve essere riformato, sostengono gli attivisti contro la violenza sulle donne: serve una legge chiara che definisca in modo preciso le violenze di natura sessuale, le molestie verbali e fisiche e fenomeni come quello dello stalking. 

 

Oltre alle pene più severe per molestatori e stupratori, i movimenti che animano le proteste in Sudan insistono sulla necessità di un cambiamento profondo a livello di mentalità. Come fa notare Hala al-Karib, nell’attuale codice di procedura penale sudanese una donna vittima di stupro può essere accusata di adulterio.

 

Le leggi riflettono la società, ed è quest’ultima che va riformata, smettendo di incolpare le vittime per le violenze subite e iniziando a perseguire i veri colpevoli, i violentatori.

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